Lui & Lei
L'attesa
di HAL9000
05.06.2024 |
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"Vabbè, viva le affinità elettive..."
a MathildeDice Lessing che l’attesa del piacere è essa stessa un piacere. C’hanno fatto su pure una pubblicità, mi pare. Mi guardo intorno, analizzo razionalmente la situazione, prendo atto delle circostanze e arrivo alla conclusione che, mio caro signor Lessing, una stronzata così grande, ma così grande, non si può neppure immaginare. Personalmente parlando, l’idea che uno che se ne stia lì fermo ad arrovellarsi il cervello in attesa che si realizzi un qualunque desiderio, possa essere l’incontro con una persona speciale, un viaggio, andarsene in pensione, andare a vivere a Parigi, che ne so! e che nel frattempo in cui sei stretto e costretto nella tua vita di tutti i giorni questa attesa sia pure piacevole, beh, dai! usciamo un attimo dai luoghi comuni, dal fatto che fa fico, che io no, io sono diverso, ma de che! È solo una gran rottura di coglioni, qualcosa che quantomeno ti snerva, se non proprio che ti porta fuori di capoccia.
Prendiamo noi qui. Siamo su un sito di incontri e il buon senso vorrebbe che ci si debba incontrare. Premesso che questa verità assoluta si va sempre più annacquando, per me che tuttavia sono all’antica, dai, scrivi, chiacchieri, “Ci prendiamo un caffè?” ... Si dai conosciamoci. E ci siamo pure conosciuti, mi pare a distanza di un paio di giorni dal primo contatto. Non male come efficienza comunicativa, alla faccia degli amici del virtuale.
Ora, i caffè conoscitivi, gli aperitivi e ‘ste cose qui si fanno. Sta nel paradigma delle cose. L’ultimo spritz l’avrò preso un paio di settimane fa. Non sempre però le cose vanno come te le immagini, soprattutto quando ti si presenta una persona che non c’entra niente con l’idea che ti sei fatto o, peggio, che ti ha trasmesso durante le conversazioni dei giorni prima. E non è solo una questione di foto rubate chissà a chi. Su quello, nei limiti della decenza umana, uno ci può pure passare sopra, se poi la persona è piacevole. Ma se manco quello è, se pensavi bianco e invece è nero, se guardi l’orologio, il telefono e intorno come a chiamare “Pallaaaaa!!”, se tutto questo, quando invece di parlare col display del telefono c’hai davanti una in carne e ossa, e giuro, non me ne frega un cazzo che sia più carne che ossa, e la vedi com’è e più la vedi e ti domandi “ma io qui che cazzo ci sto a fare?”, va bene che siamo su un sito di incontri, va bene pure che lei all’appuntamento c’è venuta portandosi dietro per ogni evenienza il materasso, va bene tutto però io so’ un signore: converso, faccio battute, sorrido, do spago, pago ma poi saluto e me ne vado.
Lei no. Lei è tutta un’altra storia. Un altro campionato. Al punto che, mentre ci prendiamo ‘sto caffè, pensi a dove cazzo s’era nascosta negli ultimi cinquant’anni. Le cose vanno immediatamente al loro posto dentro a uno sguardo. Le parole dicono quello vogliono dire. Sorrisi, ammiccamenti, pensieri, coincidenze e affinità elettive. Affinità elettive soprattutto, ed è sempre opera di un tedesco, ma questo è uno serio, mica come quell’altro. Questo è uno coi coglioni. E mentre la conversazione verbale e corporea viaggia spedita disegnando una strada che, in un tempo ragionevolmente prossimo, porta inevitabilmente sotto le lenzuola e il tedesco coi coglioni sembra aver preso decisamente il sopravvento ecco che, all’improvviso, il tedesco minchione dell’attesa rialza la testa e, come un felino famelico, zackkkk...sferra la sua zampata finale. “La prossima settimana devo fare un piccolo interventino. No, è una sciocchezza, non è una cosa grave però sai, meglio farlo e quindi sarò fuori dai giochi per un po’”. Ecco appunto. L’attesa capitolo primo: come si riempie il tempo dell’attesa.
Uno potrebbe dire: vabbè dai, ci risentiamo quando ti rimetti. Ma so bene che in questo mondo non funziona così. E non per battere il cosiddetto ferro quando è caldo. È una questione di attrazione, se c’è va coltivata. Lo so, l’unica strada mi pare quella. Ma non ci sono abituato. Non più almeno. Il corteggiamento è un’arte che si apprende da piccoli e si perfeziona con tempo. Fa parte però di una fase della vita chiusa ormai, direi. Almeno per chi la vita se l’è costruita in un modo stabile e definito. Meglio un aperitivo o un ordinario caffè conoscitivo. Ci si conosce, ci si piace e si va a letto. Oppure non ci si piace e si va a casa, amen. Pratico e coerente. Adesso è tutto più rapido e immediato. Queste cose hanno delle regole, e una di queste è che il tempo è limitato perché non ne può passare troppo. Al punto che, a volte, m’è pure capitato di andare a letto anche prima di prendermi un caffè, e non credo di essere il solo. Colpa della modernità e della velocità delle nostre vite. Non che sia di per sé contrario, ma questa situazione mi mette in una prospettiva diversa, al punto che mi immagino che, se la cosa tirasse per le lunghe, potrei finire per diventare come una specie di Rocky Balboa che tutte le mattine entra nel negozio di animali di Adriana per raccontarle una barzelletta che s’è inventato la sera prima. Il rischio effettivamente c’è.
Non so come però, una sera scelgo una canzone. Parla delle vite che corrono sulle linee della metro e a un certo punto si incrociano in una stazione di scambio. Il tedesco coi coglioni ha suggerito Berlino e mi sono fidato di lui. Aveva ragione, senza pensare poi che il caso, forse per farsi perdonare un po’, organizzava uno scherzo davvero particolare.
“Facciamo un incontro al buio, e funziona così: io ti dico un’ora e un posto e tu ci vieni. Semplice, no?”, un messaggio senza particolari fronzoli o preamboli. “Mi fido e mi affido”. Sto consumando il display del telefono a forza di guardarlo, ma cazzo, una risposta così mi manda ai matti.
E così parte un gioco mentale che dura ben quattro giorni nei quali le metti il dubbio che potresti portarla a un’orgia dove però lei sarà solo spettatrice e partecipe nei limiti delle cose se vorrà perché, come si dire, è temporaneamente inabile all’uso. E la stuzzichi, e più la stuzzichi e più senti che ci sta cascando dentro con tutte le scarpe. “Guarda, non saremo tanti – cosa che fa pur sempre pensare a che non saremo soli – sarà un ambiente molto raccolto, intimo direi, buio però e andremo prevalentemente a guardare. Questa cosa del voyerismo intriga sempre. Chissà che faranno lì, sbirceremo seduti su un divano donne e uomini bellissimi intenti a amplessi scenografici e passionali, magari ci sfioreremo, ci ecciteremo di sicuro, ci baceremo forse. Hai presente Eyes wide shut? Alcuni scopano ma molti guardano e basta. Così insomma. Oh – avrà pensato – m’ha detto che è una cosa irripetibile, mica me la voglio perdere! Tutto vola sul sottile gioco dei doppi sensi. “Ma io con queste persone ci devo parlare? Io sono timida”. Mah, vedi tu se ti senti...in genere si sta in silenzio perché non c’è tanto da far discorsi lì. “Ci saranno stranieri?”. Si, tedeschi prevalentemente le rispondo, mentre conversiamo passeggiando verso l’ora e il luogo prestabilito.
Sei mai andato al cinema con una del sito? No, non dico al cinema porno pe' fa’ le zozzerie al cesso o all’ultima fila con chi passa. E neppure per rispondere a uno di quei last che ogni tanto leggi, quelli della coppia del famolo strano che vuole un incontro al buio al cinema con uno sconosciuto.
Si, così, invece. Un incontro al buio. Ma a modo mio. Buio è buio. Si guarda per forza e non si parla. Intimo e raccolto, poca gente di sicuro, tedeschi certo, d’altronde ti sto portando al cinema Aquila (che, detto per inciso, tanti anni fa era pur sempre un cinema porno) alle 4 del pomeriggio a vedere “il Cielo Sopra Berlino” versione restaurata in lingua originale. Ma quanta gente ci sarà? Boh, massimo 10 persone, il numero perfetto per un’orgia non troppo dispersiva. Insomma, un perfetto incontro al buio adatto allo stato delle cose per vedere un film che c’ha quasi quarant’anni riapparso in programmazione per soli 2 giorni, proprio adesso, mentre lei l’altro giorno te ne ha parlato su una chat di un sito di incontri erotici parlando della canzone delle vite che si incrociano nella stazione della metro . Vabbè, viva le affinità elettive.
Ha labbra morbide però. Giusto un bacio fugace prima di salutarla con la promessa di non sparire. E intanto, mentre rientro a casa sentendo Tom Waits, penso che corteggiare è bello. Dovrà averlo sentito anche lei. Insomma, forse non le capitava da tempo neanche a lei. Forse non se l’aspettava, in questo mare di cazzi e cazzoni – più spirituali che altro – che rompono i coglioni con approcci mediocri e banali. Oh! venuta c’è venuta e la mano me l’ha presa lei. Io no. Io non sono stato. Io sono timido, giuro, è stata lei. E siamo rimasti come due adolescenti a guardarci negli occhi e tenerci per mano un quarto d’ora, seduti in un baretto in mezzo a tanti gruppetti di studenti universitari che facevano l’aperitivo. Fa ringiovanire ‘sto spritz, almeno nello spirito.
E così, passata un’altra settimana di attesa “tecnica” data dai protocolli sanitari che purtroppo conosco, finalmente ci vedremo sabato. Quasi non ci credo. È passato un mese ma si sembra un’eternità. Eccolo qua! Ecco di nuovo il tedesco minchione. Eccolo, sto gran testa de cazzo che dice che ‘sta sensazione qua dell’attesa è piacevole! E come no! Figurati che sollievo quando ti dice che s’è presa il Covid. Com’è démodé questa femmina! Coi suoi gusti musicali così particolari, con le sue scelte così ricercate, adesso anche con una malattia così lontana nel tempo, una cosa che finalmente pensiamo come una roba passata, rimossa o comunque non più attuale. Una malattia che però la terrà a letto un’altra settimana. Ah Lessing, giuro! se te pijo te pisto come ‘na zampogna.
Attenderò ancora. Nel frattempo sentirò un po’ della sua musica e ripenserò a quell’aperitivo romantico e a quel saluto così fugace quando ci siamo lasciati giù nel garage dopo il cinema.
Questa volta invece ci siamo salutati con un bacio appassionato. Era nell’ordine delle cose, – m’ha detto prima – era nell’ordine delle cose che ci saremmo trovati qui adesso. Qui, ancora nel buio di un garage, discreto riparo dei nostri tradimenti, a baciarci e salutarci mentre gli occhi dicono parole che la bocca non riesce a tirar fuori.
Risalgo nella nostra alcova e faccio un giro per esser sicuro di aver preso tutto. Non c'è nulla però, tranne le nostre ombre accoccolate sul tavolino della cucina, ferme immobili in un eterno silenzio, fronte contro fronte come a scambiarsi pensieri, paure, desideri e ancora un po’ di calore. Scendo giù allora. Lì, sono sicuro però, non c'è più niente. Avevo già visto prima. Ma ho voglia di scendere lo stesso. Appena giù, mi fermo un attimo sull'uscio della camera da letto. Appoggiato allo stipite della porta, avvicino le dita alle narici e alla bocca e mi prendo ancora un po' del suo odore che mi porto addosso. Lei la sta lì, nuda sul letto che fa l'amore punk e viaggia dentro al suo piacere, con gli occhi all'indietro e il respiro affannato. La sento ancora che mi cerca la mano mentre la penetro nel corpo e negli occhi, come a dirsi ancora, ancora fino a dirsi basta. Restiamo ancora un attimo! Restiamocene qui sotto, qui nel nostro rifugio antiatomico e nascondiamoci dalle bombe e dalle tristezze del mondo, con i nostri corpi caldi che si stringono e le dita che si incrociano a non lasciarci andar via. Resta ancora qui, qui sdraiata sopra di me ancora per un po'.
Con in testa l'immagine di lei che si sfiora ancora un po’ mentre, sopra di lei, le urlo di piacere, risalgo e mi accendo un'altra sigaretta. Questa me la fumerò da solo. La cerco per passargliela ma non c'è. Ormai sarà già sul raccordo diretta verso casa. Tra un tiro e l'altro sento già la sua mancanza e di nuovo il desiderio di rivederla. E così, senza preavviso, riecco apparire Lessing che bussa alla porta. Lessing, che paraculo che sei! Tu lo sapevi. L’hai capito prima di tutti. L'attesa è una condizione umana ineludibile. Non si può fare a meno di attendere. L’attesa c’è e basta. Tanto vale convincersi che è piacevole, che anche questo fa parte del momento, che si, non ci girare intorno, fai finta che lei sta di nuovo qui mentre la stai aspettando. Ti farà un po’ di compagnia. Non c'è dubbio, a crederle le cose si vive meglio. Che gran paraculo!
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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